6. I giardini di Achille Duchêne per Hugo Cahen d’Anvers
Con la sua perfetta distribuzione dei volumi e degli spazi, l’architettura della Villa della Selva esprimeva intenzioni molto diverse da quelle che emergevano dalle forme del castello di Torre Alfina. Le sue stanze si aprivano sul paesaggio. I suoi volumi abbracciavano il visitatore. Sull’altro versante della valle del Paglia, la residenza di Rodolfo Cahen d’Anvers sembrava invece ritirarsi in se stessa, con il vigore tipico delle costruzioni difensive. Il castello restaurato dall’architetto Giuseppe Partini esprimeva un atto di forza. Baluardo di una famiglia di investitori che costruiva il proprio futuro sull’estetica del passato, il castello era una vera e propria cassaforte. Le sue mura, le fortificazioni e le torri avvolgevano e nascondevano interni sontuosi. All’ingresso del cortile, il grande portale di legno rivestito di metallo tracciava una chiara linea simbolica. Qui, lo stemma dei Cahen d’Anvers segnava il passaggio che separava la tenuta di famiglia dal villaggio e dal resto della terra. Il paesaggio e il castello erano collegati solo dalle terrazze e dai giardini, progettati con cura da Achille Duchêne. Nonostante il suo lavoro, il maniero rimase proprio come Édouard Cahen d’Anvers lo aveva voluto: un edificio dalle forme ostili, capace di evocare un passato aulico e un presente esclusivo.
Ad Allerona, Villa della Selva esprimeva un desiderio decisamente diverso. Assorbiva il paesaggio circostante e ne diventava parte integrante. I suoi spazi interni si estendevano verso l’esterno grazie alla terrazza che fungeva da basamento per l’edificio. Le due spianate a forma di mezzaluna della terrazza avvolgevano la villa nei volumi di una basilica immaginaria, definita dal verde. In questo modo, i volumi dell’edificio si prolungavano nel parco. Inizialmente trattenuto dal giardino all’italiana e dalle sue siepi geometriche, lo sguardo del visitatore lasciava poi la superficie rassicurante della terrazza per immergersi verso la valle e le meraviglie di un giardino tematico che si apriva all’esotismo del mondo. Grazie al lavoro di Achille Duchêne, gli spazi della villa acquistavano significato attraverso l’equilibrio che li legava al loro contesto.
Se è molto probabile che Achille Duchêne avesse lavorato ai giardini di Torre Alfina secondo i disegni del padre Henri, ad Allerona è certo che operò da solo: colpito da un’emiplegia, Henri Duchêne lasciò incompiuti i giardini di Louis Cahen d’Anvers a Champs-sur-Marne nel 1899 e morì tre anni dopo. Come abbiamo visto, Hugo Cahen d’Anvers si stabilì ad Allerona solo nel 1905. I progetti per il suo giardino furono completati intorno al 1906: è in effetti in questo anno che il proprietario fece installare un impianto di irrigazione dalla ditta fiorentina Fratelli Luder1La stessa società era responsabile dell’impianto idrico delle terme di Città di Castello. Come a Torre Alfina, anche ad Allerona l’acqua proveniva dal fiume Paglia. Una pompa e una turbina prelevavano l’acqua dal fiume e la portavano alla villa attraverso 5 km di tubature (Roma, Fondazione Roma, Fondo della Cassa di Risparmio di Roma, Relazione e stima della tenuta Soc. An. “Selva di Meana” situata in Allerona, 15 marzo 1926, Sez.XVI 1, b.22, fasc.137). [FIG. 17]. Ben conservati ma poco conosciuti, i giardini di Villa della Selva riprendono e sviluppano le caratteristiche dei giardini misti che avevano fatto la fortuna della famiglia Duchêne alla fine del XIX secolo. Nove decimi del parco erano ombreggiati da quercete secolari, separate dal resto della tenuta da siepi e da una “rete metallica sostenuta da pali di castagno”. Una fotografia aerea conservata pressp l’Aerofototeca della Regione Umbria mostra chiaramente la complessità del parco [F]. Quattro aree diverse donavano alla villa di molteplici allusioni e suggestioni [FIG. 19].
Il giardino regolare, o all’italiana, si sviluppa sulla terrazza, circondando la villa e prolungando le forme dell’architettura verso le aree successive. Dominato da un motivo a palmette [FIG. 20], si basa su una soluzione che i Duchêne avevano già adottato al castello di La Verrerie (Cher), a Vaux-le- Vicomte (Seine-et-Marne), al castello di Villequier (Seine-Maritime) e a Nordkirchen, in Germania [FIG. 21].
fig_17 FIG. 17
Targa dell'impianto di irrigazione costruito dalla ditta Fratelli Luder, 1906, Allerona, Villa della Selva, pubblicata in MAOVAZ, ROMANO 2002, ill. 27.
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fig_18 Veduta aerea di Villa della Selva, 1977, Perugia, Sportello aerofotografico della Regione Umbria, Vocabolo della Selva, AR08 1977, STR.43°. |
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fig_19 FIG. 19 Marco Maovaz e Bruno Romano, Pianta del parco di Villa della Selva, pubblicata in MAOVAZ, ROMANO 2002, ill. 32. |
fig_20 FIG. 20 Fotografo sconosciuto, Villa della Selva: il parterre di palmette, 2015 ca, Assisi, Arma dei Carabinieri, Reparto Biodiversità. |
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Due aree all’inglese, a nord e a ovest, permettevano ai visitatori di godere di una natura presuntamente selvaggia e fungevano da transizione tra la villa e il suo bosco. Più a ovest si trovava il giardino giapponese. Sul lato opposto, oltre le siepi che racchiudevano l’estremità orientale del giardino regolare, si trovava un’area dedicata alle piante tropicali, dove Hugo aveva installato quattro grandi serre. Non lontano, la proprietà era completata da un grande orto.
In tutto il parco, un sistema di canalizzazioni convogliava l’acqua piovana in scoli ben curati e pavimentati con pietre bianche e nere. Cordoli in cemento, che dimostrano una certa attenzione ai materiali moderni, imitavano le venature del legno.
Nel complesso, gli spazi verdi di Villa della Selva riflettono un’estetica moderna, perfettamente combinata con lo storicismo che aveva reso Achille Duchêne e suo padre famosi in tutta Europa. In effetti, nel corso della loro carriera i Duchêne furono in grado di creare spazi in cui molteplici citazioni si intrecciavano in modo del tutto coerente. È proprio questo lo spirito con cui Achille Duchêne operò ad Allerona. Suggestioni geografiche, storiche e botaniche diverse si sono sovrapposte all’interno di un progetto omogeneo, che potremmo quasi definire di spirito eclettico.
Una composizione simile, anche se più sontuosa, fu creata a Saint-Jean-Cap-Ferrat, intorno alla Villa Ephrussi de Rothschild. Tuttavia, come ha osservato Marco Maovaz, l’idea di un “giardino che rispecchia il mondo” non era nuova nel XIX o XX secolo2Marco Maovaz, Il Giardino di Ugo Cahen ad Allerona: cinque tematiche come aperture verso altre culture, relazione presentata al colloquio I Cahen d’Anvers a Torre Alfina. I giardini del castello e il bosco del Sasseto: l’eccellenza italiana di Henri e Achille Duchêne (Torre Alfina, Château Cahen d’Anvers, 13 e 14 aprile 2018).. Già a Villa Adriana, l’imperatore più filo-ellenico della storia di Roma ebbe l’idea di far rivivere nel suo parco gli angoli più significativi della geografia mondiale. Ad Allerona, Achille Duchêne seppe riunire gli interessi e le passioni del suo mecenate in un progetto che metteva in stretta comunicazione l’architettura con il paesaggio. Naturale prosecuzione dell’abitato, il parco non è caratterizzato da prospettive trionfali, ma piuttosto da passaggi sfumati che portano il visitatore di sorpresa in sorpresa.
Ancora oggi la villa è circondata da un perimetro di siepi che ne esalta i volumi, conferendo loro una sorta di base verde. Verso la terrazza stessa, dove si aprono le vetrate del giardino d’inverno, si trovano tre piccole aiuole, i cui bossi formano motivi geometrici [FIG. 22]. Un’aquila in pietra calcarea, con le ali aperte, invita i visitatori a contemplare l’orizzonte [FIG. 23]. Sul lato opposto della villa si trova una vasca rettangolare coronata da una statua di Leda affiancata da due tritoni [FIG. 24]. Dietro la fontana, un sentiero di ghiaia conduceva al campo da tennis. Altre statue ornavano un tempo i giardini. Una copia delle Tre Grazie di Canova, ad esempio, è ben visibile in un pannello del fotoromanzo allestito nella villa negli anni Sessanta [FIG. 25]. Altri oggetti, antichi e moderni, furono rimossi da Hugo al momento della vendita della sua proprietà. In particolare, il contratto firmato il 23 luglio 1920 menzionava una Venere con la sua base, che ornava il “viale dei castagni”, due vasi di marmo nella stessa posizione e altri sei in marmo giallo di Siena, che ornavano la balaustra della terrazza. Lo stesso documento menziona anche tre vasi in marmo di Carrara, “due lanterne di bronzo in stile giapponese” (che dovevano essere collocate nello Tsukiyama) e una serie di “vasi, colonne, statue e oggetti antichi” per i quali il contratto non fornisce ulteriori dettagli3Roma, Ufficio centrale degli Archivi notarili, Notaio Enrico Capo, Contratto di compra vendita della tenuta denominata “Villa della Selva”, 23 luglio 1920, Reg. 4363-187/273, n.87018.. L’atto del 1920 menziona anche alcune “colonne antiche in marmo”, conservate in un magazzino ad Allerona Scalo: si tratta probabilmente di materiale di spoglio della Villa Altoviti, acquistata a Roma dal padre di Hugo4Si veda Alice S. Legé, La Villa Altoviti, eclissi di un paesaggio fluviale, Roma, Officina Libraria, 2024..
fig_22 FIG. 22 Fotografia dell'autore, Villa della Selva: la terrazza, 2018. |
fig_23 FIG. 23 Artista sconosciuto, Aquila, inizio XX secolo, pietra calcarea, Allerona, Villa della Selva © Alberto Bellini, 2015. |
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fig_24 FIG. 24 Artista sconosciuto, Fontana, inizio XX secolo, marmo, Allerona, Villa della Selva. |
fig_25 Fig. 25 Il giardino di Villa della Selva e le Tre Grazie in un pannello della fotonovela "Uccelli d'amore", 1969, pubblicata in CAIANO 1969, p. 13 |
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Un altro deposito si trovava e si trova tuttora al di sotto dello sbancamento della villa. Vi si accedeva attraverso le scale accanto al parterre e aveva una volta in mattoni sostenuta da colonne di ferro. Allo stesso livello si trova l’orangerie, dove i Cahens d’Anvers tenevano regolarmente dei ricevimenti [FIG. 26]. I suoi ampi spazi si aprono verso la valle attraverso tre grandi arcate che scandiscono la facciata in mattoni e bugnato [FIG. 27]. Facilmente raggiungibile attraverso due percorsi diversi – un sentiero che conduce al giardino giapponese e una scalinata che termina vicino all’ingresso principale della villa – ospita una fontana in pietra in stile rocaille [FIG. 28]. La vasca ovale, l’aspetto rustico e la consistenza porosa delle pietre ricordano i ninfei: la fontana allude al topos delle grotte, immancabile nei giardini europei dall’Antichità al Rinascimento.
fig_26 FIG. 26 Fotografo sconosciuto, Ida Cahen d'Anvers (seduta su una poltrona di rattan) e la famiglia Bernardini davanti all'aranciera di Villa della Selva, 1910 circa, pubblicato in MANCINI 2011, p. s.n. |
fig_27 FIG. 27 Fotografia dell'autore, Villa della Selva: l'Aranciera (1912), 2018. |
fig_28 FIG. 28 Fotografia dell'autore, Villa della Selva: la fontana dell'Aranciera (1912), 2018. |
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Nelle serre si trova una vera e propria grotta, con superfici simili a quelle della fontana dell’aranciera. Per accedere a questi spazi dove Hugo raccoglieva le sue cultivar, bisognava attraversare la terrazza della villa a est, salire due rampe di scale e superare una siepe che nascondeva alla vista questi locali tecnici [FIG. 29]. Il piano rialzato dove si trovavano le serre era accessibile anche lateralmente: diverse scalinate in pietra collegavano le diverse aree di questo lato del parco [FIG. 30]. Di un totale di quattro serre – due in legno e due in ferro – citate dai documenti archivistici e “destinate alla coltivazione di fiori delicati”, solo una è sopravvissuta [FIG. 31]. Realizzata interamente in vetro e metallo, la sua copertura poggia su una base in muratura ornata di travertino. Con il suo pavimento di ciottoli bianchi e neri, la serra è composta da due sezioni longitudinali affiancate da una sezione centrale coperta da una volta a padiglione. Qui si trova la già citata grotta con fontana [FIG. 32].
fig_29 Fig.29 Giardino regolare (1905 ca.), Allerona, Villa della Selva © Marco Maovaz 2017. |
fig_30 FIG. 30 Scala di accesso alle serre (1905 ca.), Allerona, Villa della Selva © Marco Maovaz 2017. |
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fig_31 FIG. 32 L'ingresso alle serre e alla grotta (1905 ca.), Allerona, Villa della Selva © Silvio Sorcini 2017. |
fig_31 FIG. 32 L'ingresso alle serre e alla grotta (1905 ca.), Allerona, Villa della Selva © Silvio Sorcini 2017. |
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Nel 1920, quando la tenuta fu venduta, Hugo Cahen d’Anvers progettò di smantellare tutte le sue serre. Anche tutte le sue piante, ad eccezione degli aranci e dei limoni, lo avrebbero seguito in Francia. Tuttavia, cinque anni dopo, le quattro strutture erano ancora ad Allerona: non è noto quando tre di esse furono effettivamente smantellate.
Note
- 1La stessa società era responsabile dell’impianto idrico delle terme di Città di Castello. Come a Torre Alfina, anche ad Allerona l’acqua proveniva dal fiume Paglia. Una pompa e una turbina prelevavano l’acqua dal fiume e la portavano alla villa attraverso 5 km di tubature (Roma, Fondazione Roma, Fondo della Cassa di Risparmio di Roma, Relazione e stima della tenuta Soc. An. “Selva di Meana” situata in Allerona, 15 marzo 1926, Sez.XVI 1, b.22, fasc.137).
- 2Marco Maovaz, Il Giardino di Ugo Cahen ad Allerona: cinque tematiche come aperture verso altre culture, relazione presentata al colloquio I Cahen d’Anvers a Torre Alfina. I giardini del castello e il bosco del Sasseto: l’eccellenza italiana di Henri e Achille Duchêne (Torre Alfina, Château Cahen d’Anvers, 13 e 14 aprile 2018).
- 3Roma, Ufficio centrale degli Archivi notarili, Notaio Enrico Capo, Contratto di compra vendita della tenuta denominata “Villa della Selva”, 23 luglio 1920, Reg. 4363-187/273, n.87018.
- 4Si veda Alice S. Legé, La Villa Altoviti, eclissi di un paesaggio fluviale, Roma, Officina Libraria, 2024.
Ultimo aggiornamento
28 Aprile 2025, 16:34