1. Le origini della famiglia

Da sx a dx: Edoardo, Teofilo-Rodolfo, Hugo Cahen d’Anvers

Meyer Joseph (1804–1881), il figlio Edoardo (1832–1894) (fig. 1), i nipoti Teofilo-Rodolfo (1869–1955) (fig. 2) ed Hugo (1874–1956) (fig. 3): queste sono le tre generazioni dei Cahen d’Anvers che ebbero rapporti con l’Italia1Meyer Joseph ebbe rapporti sostanzialmente finanziari, non diventò mai un suddito del Regno d’Italia ma ottenne il titolo di conte nel 1866. e che furono protagoniste degli avvenimenti che si illustreranno per raccontare la storia della Villa di Allerona; ma da dove proveniva questa famiglia di banchieri e finanzieri ebrei2Scrive Fabio Levi: “nel mondo ebraico italiano di metà Ottocento…[non] è possibile stabilire nella storia dei singoli o delle famiglie una sequenza precisa… i banchieri “puri” … erano in numero molto limitato, ma erano ancora di meno se si tiene conto di quanto pochi fossero gli ebrei sull’insieme della popolazione italiana”, Fabio Levi, Gli ebrei nella vita economica italiana dell’Ottocento, in Corrado Vivanti (a cura di), Storia d’Italia, Annali 11 – Gli ebrei in Italia dall’emancipazione ad oggi, Torino, Einaudi, 1997, p. 1197.? A cavallo tra XVIII e XIX secolo la presenza ebraica in Europa era concentrata soprattutto in Europa Orientale. Ancora alla metà dell’Ottocento “oltre i due terzi della popolazione ebraica erano concentrati nella regione di lingua yiddish posta a cavallo tra la Polonia e la Russia occidentale”3John Patrick Tuer Bury (a cura di), Cambridge University Press, Storia del Mondo Moderno, Il culmine della potenza europea (1830–1870), Milano, Garzanti, 1970, pp. 301–302.; erano questi i cosiddetti ebrei ashkenaziti4Agli ashkenaziti, convenzionalmente originari dell’Europa orientale, si affiancavano i sefarditi, originari della Spagna e dispersi con le persecuzioni seguite alla reconquista del XV secolo.. Dalla fine del XVIII secolo, grazie alla promulgazione di leggi più tolleranti5L’emancipazione degli ebrei fu un processo graduale e verificatosi nel lungo periodo. Un primo accenno ad un cambiamento di mentalità dei governanti fu la “patente di tolleranza” pubblicata nel 1781 dall’Imperatore Giuseppe II d’Austria, che istituì un regime di semi–tolleranza verso gli ebrei., e grazie a nuove possibilità di lavoro, si verificò una costante migrazione degli ashkenaziti verso l’Europa centrale e occidentale. La composizione sociale di queste ondate migratorie era quanto mai varia, ma prevaleva la componente artigiana; a questa si affiancava spesso una componente di famiglie dedite alle operazioni monetarie. La condizione di queste famiglie era particolare, in quanto gli ebrei “non potevano né possedere la terra né sfruttarla, ma erano autorizzati a maneggiare denaro, a cambiarlo o prestarlo e a commerciare in metalli preziosi; quando un principe riconosceva la loro utilità, diventavano fornitori di corte […] non sorprende dunque che alcuni ebrei […] si facessero trovare pronti per l’età delle banche nel momento in cui questa ebbe inizio”6Herbert Roger Lottman, I Rothschild. Storia di una dinastia, Milano, Mondadori, 1994, p. 10. Tra questi Juifs de cour – Ebrei di corte – se ne ricorda uno in particolare, vale a dire Meyer Amschel (1743–1812), iniziatore della dinastia Rothschild7Il capostipite ebbe cinque figli che costituirono nei luoghi di residenza cinque banche tra loro associate: James (Jacob) a Parigi, Nathan a Londra, Salomon a Vienna, Carl a Napoli, Amschel a Francoforte che funse da ‘apripista’ alle altre famiglie di cambiavalute poi sopravvenute, ed è tra queste che ritroviamo i Cahen. Come prima cosa vediamo l’etimologia del nome: Cahen discende da “Kehina”, ovvero “farsi prete”, da cui è poi derivato Kohen, che significa sacerdote. Cohen-Kohen ha subito poi delle varianti nei vari paesi: Cahen (Francia), Kohn (Germania), Kogan or Kagan (Russia e Ucraina), Kaplan (Polonia). Cahen è quindi la francesizzazione del più comune Cohen, ed è un primo sintomo dello spostamento della famiglia in area francofona. La storia ‘finanziaria’ della famiglia iniziò nel 1829 quando Meyer (Mayer) Joseph Cahen, il capostipite, sposò Clara Bischoffsheim (1810–1876)8Clara Bischoffsheim discendeva da una famiglia di ebrei ashkenaziti che aveva fatto fortuna con le forniture all’esercito francese in Germania durante le campagne di Napoleone. Suo padre, Raphaël Nathan Bischoffsheim, morì nel 1814, all’età di 41 anni, e lasciò il destino della famiglia nelle mani dei suoi due figli, Louis-Raphaël e Jonathan-Raphaël. Questi ultimi ebbero l’intuizione di associarsi alla famiglia Goldschmidt, fondando un’importante società di credito.. Meyer Joseph era nato a Bonn, quarto figlio di un mercante di spezie, si era trasferito ad Anversa dove aveva avviato una prospera attività commerciale basata sull’importazione di zucchero, iniziando una vera e propria scalata al successo9Alice S. Legé, L’opera di Henri e Achille Duchêne, architetti paesaggisti al servizio dei Cahen d’Anvers tra Umbria e Lazio, in Saggi e memorie di storia dell’arte 41 (2017), pp. 152–165. Alice S. Legé, Les Cahen d’Anvers, op. cit., vol. 2, pp. 257–264.. Il matrimonio di Meyer Joseph e Clara viene definito decisivo10Nicolas Stoskopf, Michel Lucas, Isabelle Chancelier, Michèle Merger, Banquiers et financiers parisiens, Paris, Picard, Cénomane, 2002, pp. 121–123. Si veda anche: Howard M. Sachar, The Course of Modern Jewish History, New York, Vintage Books, 1990, p. 135. perché cominciò una collaborazione con i cognati Bischoffsheim: Jonathan che risiedeva ad Anversa e Louis che risiedeva ad Amsterdam. Joseph Cahen sostituì il cognato Jonathan, che si era dovuto assentare per un lungo viaggio, e gli venne in mente di utilizzare dei piccioni viaggiatori nelle operazioni di arbitraggio su carta commerciale tra Anversa ed Amsterdam. Visto il successo dell’iniziativa Joseph diventò socio dei cognati. Tra il 1848 e il 1849 Joseph e Clara si trasferirono a Parigi insieme ai cinque figli che erano nati ad Anversa. La seconda generazione era composta così: il primogenito era Édouard (italianizzato in Edoardo) che sposò Christina Spartali (1846–1884), l’unica figlia, Emma (1833–1901), sposò Édouard Levi Montefiore (1826–1907); i due fratelli maschi nati successivamente, Louis Raphaël (1837–1922) e Raphaël (1845–1926) sposarono due sorelle della famiglia triestina dei Morpurgo11Figlie di Giuseppe de Morpurgo (1816–1898) e di Elisa Parente (1818–1874). Nel 1869 Giuseppe fu nominato barone dall’imperatore Francesco Giuseppe, Roberto Baglioni, voce Morpurgo Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, Volume 77, 2012.: rispettivamente Louise (1845–1926) e Irène (1849–1890). L’ultimo figlio, Albert (1846–1903), sposò infine Louise-Loulia Warschawsky (1854–1918). Col trasferimento a Parigi Joseph aggiunse al cognome, dopo una virgola, ‘d’Anvers’ probabilmente per distinguersi dagli altri omonimi presenti nella capitale francese12Alice S. Legé, Les Cahen d’Anvers, op. cit., vol. 2, p. 257. Avere associato la città di provenienza al nome suscitò comunque perplessità: ad una lettera firmata C. d’Anvers un Oppenheim di Colonia rispose segnandosi “O. de Cologne”, Pierre Blanche, Dictionnaire et armorial des noms de famille de France, Paris, Fayard, 1974, p. 46.. Da Meyer Joseph si originarono due ‘rami familiari’: quello italiano rappresentato dal figlio Edoardo13Rita Pepparulli, Roberto Squarcia, Torre Alfina. Storie e documenti della sua vita, Acquapendente, Comune Assessorato Cultura – Biblioteca Comunale, 1992, p. 21 e dai nipoti Teofilo-Rodolfo ed Hugo14Claudio Urbani, Allerona: vicende storiche dalle origini alle soglie del XX secolo, Perugia, Prima Editrice, 2002., e quello francese rappresentato dagli altri figli e dai nipoti di Joseph. Arrivati in Italia i Cahen d’Anvers si videro spesso tradurre la metà del cognome in “di Anversa”, e trasformare in tal modo una parte del cognome in una provenienza (come era all’origine, ma ormai incorporata nel nome).

I Cahen d'Anvers

I Cahen d’Anvers

Solo in pochi casi venne riportato il cognome completo: una cronista della Roma umbertina citò, per esempio, Edoardo come il “Conte Cahen d’Anvers”15Emma Perodi, Roma italiana: 1870–1895, Roma, Bontempelli, 1896, p. 235.. Va detto che il ‘ramo italiano’ non solo intrattenne rapporti d’affari col ‘ramo francese’, ma continuò anche a risiedere nella capitale francese. Nel 1848 Parigi affascinò un appena diciassettenne Edoardo, dove tutto gli sembrava “grandioso, eccessivo”. La grande città gli si rivelò col fascino di una fertile vita intellettuale, scandita da passeggiate nel parco di Versailles e gite all’Opera. Sui suoi palcoscenici, così come nelle sue strade, Parigi era teatro di una grandezza che Edoardo non aveva mai potuto respirare in Belgio. Nella sua diversità e nelle sue contraddizioni, “un anno a Parigi” sembrò al giovane finanziere nientemeno che “il miglior corso di filosofia che si potesse seguire”16Alice S. Legé, Les Cahen d’Anvers, op. cit., vol. I, pp. 306–314.. Gli stessi Teofilo–Rodolfo ed Hugo nacquero entrambi a Parigi e crebbero in Francia dopo la prematura morte della madre. Si capisce quindi quanto sia arduo voler connotare precisamente cittadinanze e residenze dei Cahen, al pari degli altri banchieri ebrei che si “sottraevano ai confini angusti della nazionalità”17Il necrologio per James de Rothschild chiarisce bene la questione: “Per le questioni enormi di cui si è fatto carico, il signor de Rothschild si sottraeva in una certa misura ai confini angusti della nazionalità, e poteva piuttosto essere considerato come un cittadino del mondo”, Herbert Roger Lottman, I Rothschild, op. cit., p. 71. Attualmente alcuni discendenti dei Cahen d’Anvers abitano in Argentina, in seguito alla nomina, nel 1935, di Charles Cahen d’Anvers (nipote di Edoardo e cugino di Teofilo-Rodolfo e Hugo) a direttore delle Ferrovie Argentine del Nord-Est., poiché cambiavano sovente residenza e domicilio in base agli affari da seguire..

NOTE

 

Note

  • 1
    Meyer Joseph ebbe rapporti sostanzialmente finanziari, non diventò mai un suddito del Regno d’Italia ma ottenne il titolo di conte nel 1866.
  • 2
    Scrive Fabio Levi: “nel mondo ebraico italiano di metà Ottocento…[non] è possibile stabilire nella storia dei singoli o delle famiglie una sequenza precisa… i banchieri “puri” … erano in numero molto limitato, ma erano ancora di meno se si tiene conto di quanto pochi fossero gli ebrei sull’insieme della popolazione italiana”, Fabio Levi, Gli ebrei nella vita economica italiana dell’Ottocento, in Corrado Vivanti (a cura di), Storia d’Italia, Annali 11 – Gli ebrei in Italia dall’emancipazione ad oggi, Torino, Einaudi, 1997, p. 1197.
  • 3
    John Patrick Tuer Bury (a cura di), Cambridge University Press, Storia del Mondo Moderno, Il culmine della potenza europea (1830–1870), Milano, Garzanti, 1970, pp. 301–302.
  • 4
    Agli ashkenaziti, convenzionalmente originari dell’Europa orientale, si affiancavano i sefarditi, originari della Spagna e dispersi con le persecuzioni seguite alla reconquista del XV secolo.
  • 5
    L’emancipazione degli ebrei fu un processo graduale e verificatosi nel lungo periodo. Un primo accenno ad un cambiamento di mentalità dei governanti fu la “patente di tolleranza” pubblicata nel 1781 dall’Imperatore Giuseppe II d’Austria, che istituì un regime di semi–tolleranza verso gli ebrei.
  • 6
    Herbert Roger Lottman, I Rothschild. Storia di una dinastia, Milano, Mondadori, 1994, p. 10
  • 7
    Il capostipite ebbe cinque figli che costituirono nei luoghi di residenza cinque banche tra loro associate: James (Jacob) a Parigi, Nathan a Londra, Salomon a Vienna, Carl a Napoli, Amschel a Francoforte
  • 8
    Clara Bischoffsheim discendeva da una famiglia di ebrei ashkenaziti che aveva fatto fortuna con le forniture all’esercito francese in Germania durante le campagne di Napoleone. Suo padre, Raphaël Nathan Bischoffsheim, morì nel 1814, all’età di 41 anni, e lasciò il destino della famiglia nelle mani dei suoi due figli, Louis-Raphaël e Jonathan-Raphaël. Questi ultimi ebbero l’intuizione di associarsi alla famiglia Goldschmidt, fondando un’importante società di credito.
  • 9
    Alice S. Legé, L’opera di Henri e Achille Duchêne, architetti paesaggisti al servizio dei Cahen d’Anvers tra Umbria e Lazio, in Saggi e memorie di storia dell’arte 41 (2017), pp. 152–165. Alice S. Legé, Les Cahen d’Anvers, op. cit., vol. 2, pp. 257–264.
  • 10
    Nicolas Stoskopf, Michel Lucas, Isabelle Chancelier, Michèle Merger, Banquiers et financiers parisiens, Paris, Picard, Cénomane, 2002, pp. 121–123. Si veda anche: Howard M. Sachar, The Course of Modern Jewish History, New York, Vintage Books, 1990, p. 135.
  • 11
    Figlie di Giuseppe de Morpurgo (1816–1898) e di Elisa Parente (1818–1874). Nel 1869 Giuseppe fu nominato barone dall’imperatore Francesco Giuseppe, Roberto Baglioni, voce Morpurgo Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, Volume 77, 2012.
  • 12
    Alice S. Legé, Les Cahen d’Anvers, op. cit., vol. 2, p. 257. Avere associato la città di provenienza al nome suscitò comunque perplessità: ad una lettera firmata C. d’Anvers un Oppenheim di Colonia rispose segnandosi “O. de Cologne”, Pierre Blanche, Dictionnaire et armorial des noms de famille de France, Paris, Fayard, 1974, p. 46.
  • 13
    Rita Pepparulli, Roberto Squarcia, Torre Alfina. Storie e documenti della sua vita, Acquapendente, Comune Assessorato Cultura – Biblioteca Comunale, 1992, p. 21
  • 14
    Claudio Urbani, Allerona: vicende storiche dalle origini alle soglie del XX secolo, Perugia, Prima Editrice, 2002.
  • 15
    Emma Perodi, Roma italiana: 1870–1895, Roma, Bontempelli, 1896, p. 235.
  • 16
    Alice S. Legé, Les Cahen d’Anvers, op. cit., vol. I, pp. 306–314.
  • 17
    Il necrologio per James de Rothschild chiarisce bene la questione: “Per le questioni enormi di cui si è fatto carico, il signor de Rothschild si sottraeva in una certa misura ai confini angusti della nazionalità, e poteva piuttosto essere considerato come un cittadino del mondo”, Herbert Roger Lottman, I Rothschild, op. cit., p. 71. Attualmente alcuni discendenti dei Cahen d’Anvers abitano in Argentina, in seguito alla nomina, nel 1935, di Charles Cahen d’Anvers (nipote di Edoardo e cugino di Teofilo-Rodolfo e Hugo) a direttore delle Ferrovie Argentine del Nord-Est.