21. I giardini giapponesi privati in Francia e il ruolo dei giardinieri

Partiamo dall’importante giardino1Un panorama sui giardini giapponesi in Francia è in: Bernard Jeannel, Jardins japonais en France. Art et poésie du paysage, Paris, Nathan, 1995, si veda inol- tre: Hiromi Matsugi, Jardin japonais en France: exotisme, adaptation, invention, Projets de paysage [En ligne], 6 | 2011, mis en ligne le 17 juillet 2011, consulté le 03 août 2021. URL : http://journals.openedition.org/paysage/17560 ; DOI: https:// doi.org/10.4000/paysage.17560. di Huges Krafft (1853–1935), nato a Parigi, da una famiglia di ricchi immigrati tedeschi, Krafft aveva formato il suo interesse verso l’Oriente “all’ombra della casa museo di Cernuschi”2Christopher Reed, Bachelor Japanists, op. cit., pp. 99-110.. Appassionato di fotografia e di viaggi, intraprese un viaggio del mondo tra il 1881 e il 1885. Nel 1882 arrivò in Giappone lì incontrò la comunità dei ‘bostoniani’, il gruppo di studiosi composto da Edward Sylvester Morse, Ernest Francisco Fenollosa e William Sturgis Bigelow (1850–1926), erano tutti e tre collezionisti3Morse collezionava ceramiche antiche, Bigelow armature e Fenollosa dipinti, ma soprattutto avevano cominciato a vivere nelle case tradizionali. In una lettera alla sorella Krafft scriveva che della dimora di Bigelow invidiava “le sue stuoie fresche, i suoi schermi scorrevoli, i suoi giardini profumati con il profumo dei susini in fiore e completi di deliziose piccole siepi e ciuffi di bambù tremolante”4Christopher Reed, Bachelor Japanists op. cit., pp. 99-110., si innamorò quindi dei giardini giapponesi che descrisse come delle “bomboniere adorabili, dei piccoli capolavori di pazienza e gusto che vorremmo essere in grado di portare via e installare nelle nostre case oltremare”. Nel 1885, tornato in Francia, pubblicò il resoconto del suo viaggio5Huges Krafft, Souvenirs de notre tour du monde, Paris, Hachette, 1885. e riuscì in breve tempo a realizzare il sogno di avere un giardino nipponico di sua proprietà a Les Loges-en-Josas. Per realizzare il cosiddetto Midori-no-sato (la collina con la fresca vegetazione), Krafft si avvalse di materiali e di artigiani fatti venire appositamente dal paese d’origine (figg. 47-49). Al giardino lavorò anche l’orticoltore Hata Wasuke (1865–1928) che era arrivato in Francia per collaborare all’esposizione universale del 18896Junji Suzuki, Un jardinier japonais en France: sur les traces de Hata Wasuke, in ‘Revue de Hiyoshi. Langue et littérature françaises’, n. 49-50, 2009.. Wasuke decise poi di rimanere in Francia dove fu incaricato da Robert de Montesquiou (1855–1921), il ‘principe degli esteti’, di realizzare un piccolo giardino giapponese a Rue Franklin, affacciato sul Boulevard Delessert. Il giardino era decorato con lanterne sulle rocce e bonsai di pini centenari, in vasi di porcellana blu, nel carteggio con James Whistler, Montesquiou comunicava all’amico che un albero nano giapponese gli tendeva le sue braccia, sontuosamente annodato7Philippe Jullian, Robert de Montesquiou, un prince 1900, London, Secker & Warburg, 1965, p. 75; Jan Walsh Hokenson, Japan, France, and East-West Aesthetics, op. cit., p. 206.. Hata Wasuke è legato anche ad un altro importante giardino francese, quello dei Rothschild nel parco a Boulogne-Billancourt. Nel 1817 il ‘Grand Baron’ James cominciò ad acquistare dei terreni per costruirvi uno château in stile Luigi XIV nel 1855, a cui venne aggiunto un giardino formale alla francese e un parco all’inglese estesi su trenta ettari. Nel 1900, in occasione dell’esposizione universale di Parigi, Edmond Benjamin James de Rothschild (1845–1934), figlio di James, incontrò Hata Wasuke e si appassionò ai bonsai di conifere esposti, ne comprò una collezione in vasi con smalti cloisonné. Edmond decise di assumere Wasuke per fargli realizzare nel Parc de Boulogne un giardino giapponese di un ettaro, che venne completato nel 1925. Il giardino comprendeva una pagoda, un chiosco utilizzato come casa del tè, dei portici e due ponti pitturati di rosso, un colore associato alla simbologia shintoista, tutti questi elementi furono costruiti dallo stesso Wasuke. “Secondo le regole dell’ikabana [creò] una composizione floreale con due fiori, tre foglie, un ramo di cedro e un po’ di muschio, il tutto annidato nell’incavo di una vecchia radice”, queste composizioni presero quindi un posto speciale tra i regali di capodanno fatti dal barone ai suoi amici intenditoriMarcel Gaucher, <i>Les jardins de la fortune</i>, Paris, Hermé, 1985, pp. 93-95.. Da giardiniere Hata Wasuke pose la massima cura nella scelta delle piante: l’ossatura del giardino era costituita da alberi e arbusti come il ginkgo (Ginkgo biloba L.), il ciliegio giapponese (Prunus serrulata Lindl.), la fotinia (Photinia glabra (Thunb.) Jacob-Makoy), i glicini (Wisteria sinensis (Sims) DC.), ortensie azzurre (Hydrangea macrophylla (Thunb.) Ser., cv. ‘Generale Vicomtesse de Vibraye’), il faggio con le foglie di felce (Fagus sylvatica L. ‘Asplenifolia’), i Liquidambar L. spp., varie cultivar del genere Rhododendron L. come la ‘Hinomayo’, la ‘Hinodegiri’ e la ‘Hatsugiri’. Tra le erbacee si trovavano, ai bordi del fiume, gruppi di Iris acquatico giapponese (Iris ensata Thunb.), in alcuni punti l’erba era sostituita dal mughetto giapponese (Ophiopogon japonicus (Thunb.) Ker Gawl.) ed infine “crisantemi di tutti i tipi – dai grandi fiori globosi, coreani, a nido d’ape –, così preziosi per esaltare l’arredamento autunnale”8Marcel Gaucher, Les jardins de la fortune, Paris, Hermé, 1985, pp. 93-95.. Malgrado le ridotte dimensioni del giardino Wasuke riuscì, coi bonsai, a ricreare brani di paesaggi che incantarono Claude Monet e Georges Clemenceau, per quest’ultimo il Parco era “abbagliante di freschezza per l’effetto della pioggia. Un giardino giapponese come forse non ce n’è in Giappone”9Matthieu Séguela, Clemenceau ou la tentation du Japon, Paris, CNRS 2014.. Edmond Benjamin James de Rothschild aveva inserito il giardino giapponese in un parco più grande, la nipote Charlotte Béatrice de Rothschild10Edmond Benjamin James de Rothschild era lo zio di Charlotte Béatrice.(1864–1934) e il banchiere Albert-Abraham Kahn (1860–1940) avevano voluto dei giardini giapponesi all’interno di parchi con più tipologie di giardini, come nel parco di Hugo ad Allerona, in tutti e i parchi erano stati coinvolti i Duchêne. Il parco del banchiere Albert Kahn11Abraham Kahn (1860-1940), questo era il vero nome Albert Kahn, proveniva da una famiglia di origine ebraica originaria del Basso Reno. In giovane età iniziò a lavorare come pasticciere a Parigi e in seguito entrò come impiegato nella Banca Goudchaux. La sua formazione fu particolarmente articolata: studiò letteratura, scienze e giurisprudenza. Nel 1898 fondò la propria banca che fu caratterizzata anche da investimenti nei paesi estremo-orientali. Sui rapporti finanziari col Giappone si veda: Ben-Ami Shillony, The Jews and the Japanese, The Successful Outsiders, Tokyo, Tuttle, 1991, pp. 147–48. venne intitolato il ‘Giardino dei Mondi’ e fu costruito nei pressi di Parigi, a Boulogne-Billancourt, un sobborgo confinante con il parco di Bois de Boulogne. Anche questo parco era suddiviso in zone con ispirazioni storico-geografiche. I terreni per il parco furono acquistati tra il 1895 e il 1920. Si partì nel 1895 con i Duchêne che realizzarono il giardino alla francese, un roseto e il giardino all’inglese. Le prime presenze nipponiche risalgono al 1897: Kahn aveva fatto un viaggio in Giappone ed aveva riportato due padiglioni che vennero rimontati nel giardino12Christian Tagsold, Spaces in Translation op. cit., p. 165., a questi affiancò nel tempo una collezione di bonsai ed una di crisantemi, il suo fiore preferito13Sarah Gay (direction de la publication), Musée départemental Albert-Kahn, Dossier documentaire thématique: Le végétal, Paris, Conseil départemental des Hauts-de-Seine; Musée départemental Albert-Kahn, Collection des Archives de la Planète, 2024. e simbolo della casa imperiale nipponica. Per la sistemazione di questo ‘Villaggio giapponese’ si affidò anche lui ad Hata Wasuke14Charles Quest-Ritson, Gardens of Europe: a Traveller’s Guide, Woodbridge, Garden Art Press, 2007, p. 117; Germain Bazin, Paradeisos. The art of garden, Boston, Toronto, London, Bulfinch press Book, 1990, p. 231.. Negli anni successivi aggiunse una pagoda e un padiglione per la cerimonia del tè15Sostituito nel 1966., circondato da un piccolo giardino che doveva ricordare un roji16La tipologia di giardino, più semplificata, che introduce ai padiglioni per la cerimonia del tè (cha no yu).. Tra il 1898 e il 1899 vennero aggiunte altre tre zone: la foresta blu17Chiamata così per la colorazione delle foglie dei cedri dell’Atlante (Cedrus atlantica (Endl.) Manetti ex Carrière) e degli abeti rossi del Colorado (Abies con- color (Gordon) Lindley ex Hildebrand). e la foresta dorata18Con abete rosso (Picea abies (L.) H.Karst.) e betulla (Betula pendula Roth). e quella dei Vosgi19Prevalentemente con specie del genere Pinus L... Dopo un secondo viaggio in Giappone, avvenuto nel 1908-190920“Sono stato in Giappone due volte; Amo particolarmente questo paese ed è per questo che ho voluto posare qui vicino a casa mia, un angolo di terra giapponese. La mia natura ha grandi affinità con la sensibilità dei giapponesi e apprezzo molto la calma e la dolcezza del loro modo di vivere”, Albert Kahn entretien, in: ‘France-Japon Revue Bimetrelle de Liaison Culturelle entre la France et le Japon’, 15 Août 1938., Kahn impiantò un giardino più grande con dei ricordi dei luoghi visitati e decorato con ponti rossi, portali shintoisti (torii) e nuove piante, comprese alcune che gli erano state donate direttamente dall’imperatore Meiji21Paula Amad, Counter-archive; Film, the Everyday, and Albert Kahn’s Archives de la Planète, New York, Columbia University Press, 2010, p. 29; Denise Le Dan- tec, Jean-Pierre Le Dantec, Reading the French Garden: Story and History, Cambri- dge Mass., MIT Press, 1993, pp. 220-223.. Per completare questa visione universale Albert realizzò inoltre nel 1909 ‘l’archivio del pianeta’, una notevole raccolta di immagini e filmati, creata per favorire la conoscenza dei paesi stranieri, la pace e la cooperazione tra i popoli22L’archivio è composto da 72.000 fotografie e 170.000 metri di pellicola cinematografica, scattate e girati in più di cinquanta paesi, Valérie Perleès (direction de la publication), Les Archives de la Planète, Paris, Lienart; Boulogne-Billancourt, Musée départemental Albert-Kahn, 2019. Il giardino fu frequentato da numerosi politici e letterati, tra cui si ricordano: Rabindranath Tagore; Anatole France; Rudyard Kipling; Thomas Mann; Georges Clemenceau. Si veda a questo proposito: Pascal de Blignières, Albert Kahn, Les jardins d’une idée, Paris, Éd. la Bibliothèque, 1995. Sulla storia del giardino si vedano inoltre: Stéphan Kutniak, Albert Kahn, Singulier et pluriel, Paris, LienArt ; Albert Khan, Musée et jardin départementaux, Paris, Boulogne-Billancourt, 2015; Luce Lebart (direction de la publication), Natures Vivantes, images et jardins d’Albert Kahn, Paris, Ateliers EXB, 2024; Albert Lavigne, Les jardins d’Albert Kahn prémisses d’un nouveau monde ou insipide Éden colonial?, in Anne-Marie Brenot, Bernard Cottret (direction de la publica- tion), Le jardin: figures et métamorphoses, Dijon, Éditions universitaires de Dijon, 2005, pp. 167-175.. Paragonata significativamente a Villa Adriana di Tivoli23Ha scritto Marcel Landowski “come la Villa Adriana a Tivoli, riunisce le meraviglie del mondo, ed è molto richiesta come luogo di incontri artistici. Le collezioni raccolte da Béatrix de Rothschild e dal consorte Maurice Ephrussi sono enciclopediche”, Michel Pinçon, Monique Pinçon-Charlot, Grand Fortunes: Dynasties of Wealth in France, New York, Algora, 1999, pp. 126–127. Sulla storia della Villa si veda: Régis Vian des Rives, Georges Véran, Jean-Pierre Demoly, La Villa Ephrussi de Rothschild, Paris, Éditions de l’Amateur, 2002. è poi Villa Ephrussi de Rothschild detta ‘Ile de France’ a Cap Ferrat in Costa Azzurra, i cui giardini furono costruiti tra il 1905 e il 1912. Nei sette ettari di parco Charlotte Béatrice de Rothschild (1864–1934)24Béatrice sposò nel 1883 Maurice Ephrussi (1849–1916), zio di Charles Ephrus- si. Il capostipite della famiglia, Charles Joachim Ephrussi (1793-1864), si era spo- sato due volte: con Bella Löwensohn (+1841) e con Henriette Halperson (1822- 1888), dalla prima moglie erano nati Léon (1826-1871) e Ignaz (1829-1899), dalla seconda moglie erano nati Michel (1844-1914); Maurice (1849–1916), Thérèse (1851–1911) e Marie (1853-1924). Charles (1849-1905) era figlio di Léon ma era nato nello stesso anno dello zio Maurice. Il matrimonio tra i due fu tutt’altro che felice: Maurice aveva accumulato enormi debiti di gioco e aveva trasmesso la si- filide alla moglie che non potè avere figli. Nel 1904 Beatrice riuscì a separarsi dal marito., nipote del ‘Gran Baron’ James25Il padre era Alphonse James de Rothschild (1827–1905), figlio del Grand Baron e a sua volta filantropo e grande collezionista d’arte, nel 1891 fu il testimone di nozze di Irène Cahen d’Anvers, figlia di Louise, con Moïse Camondo. La madre di Béatrice era Leonora de Rothschild (1837–1911) del ramo inglese della famiglia, James McAuley, The house of fragile things, op. cit., p. 183 e p. 225., volle veder realizzati i seguenti giardini: ‘alla francese’; fiorentino; spagnolo; giapponese; provenzale; tropicale ed anche un lapidario, un roseto e un giardino roccioso. Il parterre centrale alla francese fu coronato da un tempietto che serviva da prua alla composizione ed ospitava un grande bacino alimentato da cascate e giochi d’acqua26Pauline Prevost-Marcilhacy, François Loyer, Les Rothschild: bâtisseurs et mécènes, Paris, Flammarion, 1995, p. 365; Miriam Rothschild, Lionel de Roth- schild, Kate Garton, The Rothschild gardens: a family’s tribute to nature, London, Gaia, 2004, pp. 118–125, Edmund de Waal, Lettere a Camondo op. cit., p. 88.. Nel progetto fu coinvolto anche Harold Peto (1854–1933), il famoso paesaggista inglese che operò durante il regno di Edoardo VII27Robin Whalley, The Great Edwardian Gardens of Harold Peto: From the Archives of Country Life, London, Aurum Press, 2007, p. 151.. Avendo ottenuto la separazione dal marito Maurice Ephrussi nel 1904 la Villa fu di fatto una creazione esclusiva di Béatrice, “un mondo interamente soggetto al [suo] controllo”28James McAuley, The house of fragile things, op. cit., p. 201.. Col castello di Champs sur Marne dei Cahen d’Anvers la Villa della Costa Azzurra condivideva inoltre due caratteristiche: un collegamento con gli arredi della casa reale di Francia e un ‘salon chinois’ per la conservare la collezione di manufatti orientali29Béatrice utilizzò delle pannellature di legno che erano state attribuite ad un ebanista, Sébastien-François Leriche (1760-1811), che aveva lavorato per Maria Antonietta nel Belvédère del Petit Trianon, James McAuley, The house of fragile things, op. cit., p. 221..

Note

  • 1
    Un panorama sui giardini giapponesi in Francia è in: Bernard Jeannel, Jardins japonais en France. Art et poésie du paysage, Paris, Nathan, 1995, si veda inol- tre: Hiromi Matsugi, Jardin japonais en France: exotisme, adaptation, invention, Projets de paysage [En ligne], 6 | 2011, mis en ligne le 17 juillet 2011, consulté le 03 août 2021. URL : http://journals.openedition.org/paysage/17560 ; DOI: https:// doi.org/10.4000/paysage.17560.
  • 2
    Christopher Reed, Bachelor Japanists, op. cit., pp. 99-110.
  • 3
    Morse collezionava ceramiche antiche, Bigelow armature e Fenollosa dipinti
  • 4
    Christopher Reed, Bachelor Japanists op. cit., pp. 99-110.
  • 5
    Huges Krafft, Souvenirs de notre tour du monde, Paris, Hachette, 1885.
  • 6
    Junji Suzuki, Un jardinier japonais en France: sur les traces de Hata Wasuke, in ‘Revue de Hiyoshi. Langue et littérature françaises’, n. 49-50, 2009.
  • 7
    Philippe Jullian, Robert de Montesquiou, un prince 1900, London, Secker & Warburg, 1965, p. 75; Jan Walsh Hokenson, Japan, France, and East-West Aesthetics, op. cit., p. 206.
  • 8
    Marcel Gaucher, Les jardins de la fortune, Paris, Hermé, 1985, pp. 93-95.
  • 9
    Matthieu Séguela, Clemenceau ou la tentation du Japon, Paris, CNRS 2014.
  • 10
    Edmond Benjamin James de Rothschild era lo zio di Charlotte Béatrice.
  • 11
    Abraham Kahn (1860-1940), questo era il vero nome Albert Kahn, proveniva da una famiglia di origine ebraica originaria del Basso Reno. In giovane età iniziò a lavorare come pasticciere a Parigi e in seguito entrò come impiegato nella Banca Goudchaux. La sua formazione fu particolarmente articolata: studiò letteratura, scienze e giurisprudenza. Nel 1898 fondò la propria banca che fu caratterizzata anche da investimenti nei paesi estremo-orientali. Sui rapporti finanziari col Giappone si veda: Ben-Ami Shillony, The Jews and the Japanese, The Successful Outsiders, Tokyo, Tuttle, 1991, pp. 147–48.
  • 12
    Christian Tagsold, Spaces in Translation op. cit., p. 165.
  • 13
    Sarah Gay (direction de la publication), Musée départemental Albert-Kahn, Dossier documentaire thématique: Le végétal, Paris, Conseil départemental des Hauts-de-Seine; Musée départemental Albert-Kahn, Collection des Archives de la Planète, 2024.
  • 14
    Charles Quest-Ritson, Gardens of Europe: a Traveller’s Guide, Woodbridge, Garden Art Press, 2007, p. 117; Germain Bazin, Paradeisos. The art of garden, Boston, Toronto, London, Bulfinch press Book, 1990, p. 231.
  • 15
    Sostituito nel 1966.
  • 16
    La tipologia di giardino, più semplificata, che introduce ai padiglioni per la cerimonia del tè (cha no yu).
  • 17
    Chiamata così per la colorazione delle foglie dei cedri dell’Atlante (Cedrus atlantica (Endl.) Manetti ex Carrière) e degli abeti rossi del Colorado (Abies con- color (Gordon) Lindley ex Hildebrand).
  • 18
    Con abete rosso (Picea abies (L.) H.Karst.) e betulla (Betula pendula Roth).
  • 19
    Prevalentemente con specie del genere Pinus L..
  • 20
    “Sono stato in Giappone due volte; Amo particolarmente questo paese ed è per questo che ho voluto posare qui vicino a casa mia, un angolo di terra giapponese. La mia natura ha grandi affinità con la sensibilità dei giapponesi e apprezzo molto la calma e la dolcezza del loro modo di vivere”, Albert Kahn entretien, in: ‘France-Japon Revue Bimetrelle de Liaison Culturelle entre la France et le Japon’, 15 Août 1938.
  • 21
    Paula Amad, Counter-archive; Film, the Everyday, and Albert Kahn’s Archives de la Planète, New York, Columbia University Press, 2010, p. 29; Denise Le Dan- tec, Jean-Pierre Le Dantec, Reading the French Garden: Story and History, Cambri- dge Mass., MIT Press, 1993, pp. 220-223.
  • 22
    L’archivio è composto da 72.000 fotografie e 170.000 metri di pellicola cinematografica, scattate e girati in più di cinquanta paesi, Valérie Perleès (direction de la publication), Les Archives de la Planète, Paris, Lienart; Boulogne-Billancourt, Musée départemental Albert-Kahn, 2019. Il giardino fu frequentato da numerosi politici e letterati, tra cui si ricordano: Rabindranath Tagore; Anatole France; Rudyard Kipling; Thomas Mann; Georges Clemenceau. Si veda a questo proposito: Pascal de Blignières, Albert Kahn, Les jardins d’une idée, Paris, Éd. la Bibliothèque, 1995. Sulla storia del giardino si vedano inoltre: Stéphan Kutniak, Albert Kahn, Singulier et pluriel, Paris, LienArt ; Albert Khan, Musée et jardin départementaux, Paris, Boulogne-Billancourt, 2015; Luce Lebart (direction de la publication), Natures Vivantes, images et jardins d’Albert Kahn, Paris, Ateliers EXB, 2024; Albert Lavigne, Les jardins d’Albert Kahn prémisses d’un nouveau monde ou insipide Éden colonial?, in Anne-Marie Brenot, Bernard Cottret (direction de la publica- tion), Le jardin: figures et métamorphoses, Dijon, Éditions universitaires de Dijon, 2005, pp. 167-175.
  • 23
    Ha scritto Marcel Landowski “come la Villa Adriana a Tivoli, riunisce le meraviglie del mondo, ed è molto richiesta come luogo di incontri artistici. Le collezioni raccolte da Béatrix de Rothschild e dal consorte Maurice Ephrussi sono enciclopediche”, Michel Pinçon, Monique Pinçon-Charlot, Grand Fortunes: Dynasties of Wealth in France, New York, Algora, 1999, pp. 126–127. Sulla storia della Villa si veda: Régis Vian des Rives, Georges Véran, Jean-Pierre Demoly, La Villa Ephrussi de Rothschild, Paris, Éditions de l’Amateur, 2002.
  • 24
    Béatrice sposò nel 1883 Maurice Ephrussi (1849–1916), zio di Charles Ephrus- si. Il capostipite della famiglia, Charles Joachim Ephrussi (1793-1864), si era spo- sato due volte: con Bella Löwensohn (+1841) e con Henriette Halperson (1822- 1888), dalla prima moglie erano nati Léon (1826-1871) e Ignaz (1829-1899), dalla seconda moglie erano nati Michel (1844-1914); Maurice (1849–1916), Thérèse (1851–1911) e Marie (1853-1924). Charles (1849-1905) era figlio di Léon ma era nato nello stesso anno dello zio Maurice. Il matrimonio tra i due fu tutt’altro che felice: Maurice aveva accumulato enormi debiti di gioco e aveva trasmesso la si- filide alla moglie che non potè avere figli. Nel 1904 Beatrice riuscì a separarsi dal marito.
  • 25
    Il padre era Alphonse James de Rothschild (1827–1905), figlio del Grand Baron e a sua volta filantropo e grande collezionista d’arte, nel 1891 fu il testimone di nozze di Irène Cahen d’Anvers, figlia di Louise, con Moïse Camondo. La madre di Béatrice era Leonora de Rothschild (1837–1911) del ramo inglese della famiglia, James McAuley, The house of fragile things, op. cit., p. 183 e p. 225.
  • 26
    Pauline Prevost-Marcilhacy, François Loyer, Les Rothschild: bâtisseurs et mécènes, Paris, Flammarion, 1995, p. 365; Miriam Rothschild, Lionel de Roth- schild, Kate Garton, The Rothschild gardens: a family’s tribute to nature, London, Gaia, 2004, pp. 118–125, Edmund de Waal, Lettere a Camondo op. cit., p. 88.
  • 27
    Robin Whalley, The Great Edwardian Gardens of Harold Peto: From the Archives of Country Life, London, Aurum Press, 2007, p. 151.
  • 28
    James McAuley, The house of fragile things, op. cit., p. 201.
  • 29
    Béatrice utilizzò delle pannellature di legno che erano state attribuite ad un ebanista, Sébastien-François Leriche (1760-1811), che aveva lavorato per Maria Antonietta nel Belvédère del Petit Trianon, James McAuley, The house of fragile things, op. cit., p. 221.