5. Prima di Allerona e Torre Alfina, l’ascesa di Edoardo Cahen d’Anvers

Ponte Cahen sul Tevere

Tommaso Pompei (1840-1925), il parroco di Torre Alfina incline ai panegirici, è una buona fonte di informazioni sull’arrivo dei Cahen a Torre Alfina e ad Allerona. Riferendosi ad Edoardo Pompei parlò di “onnipotenza del denaro del suo Signore”; 1Benito Camilletti, Tommaso Pompei, Torre Alfina e il suo Castello, op. cit., p. 24.ma quale fu l’origine delle sue fortune? Seguendo le tappe dell’Unità d’Italia Edoardo si stabilì prima a Napoli, poi a Firenze ed infine a Roma. Nel 1866 aveva preso la cittadinanza italiana e nel 1868 aveva sposato a Londra Christina Spartali. Nel 1872 Edoardo aveva istituito la “Società Generale Napoletana Credito e costruzioni”2Alessandro Polsi, Alle origini del capitalismo italiano, op. cit., p. 354, (in appendice). La Società ebbe vita breve poiché fu sciolta nel 1874. che nella classifica dei dodici più importanti istituti bancari con azionariato straniero occupava il sesto posto.3Alessandro Polsi, Alle origini del capitalismo italiano, op. cit., p. 269. I Cahen vengono citati da Polsi a p. 272 come Olandesi: “Gli olandesi sono tutti rappresentati dalla Casa Cahen che agisce a Napoli e lì investe in due banche”. Si veda anche Gino Luzzatto, L’economia italiana dal 1861 al 1894, Torino, Einaudi, 1980, pp. 190–191. La Società di Edoardo ed altri gruppi italiani e stranieri puntarono le loro attenzioni su quello che veniva considerato l’affare del momento, vale a dire la speculazione fondiaria a Roma. La formazione di cordate di banche, soprattutto ebraiche, per gli investimenti nella nuova capitale sono state definite come “un episodio di convergenza di interessi come mai era accaduto fino a quel momento e come mai più sarebbe accaduto dopo”.4Fabio Levi, Gli ebrei nella vita economica italiana, op. cit. p. 1200. Tra i banchieri coinvolti figura Giuseppe Morpurgo, padre di Louise Cahen d’Anvers e maggior banchiere della piazza di Trieste. Il perché fosse un affare così interessante è chiarito da Italo Insolera: “la speculazione convenzionata raggiunse qui guadagni inimmaginabili nelle altre città europee” perché l’urbanistica di Roma era ferma dalla prima metà del Seicento e con l’Unità “si trovò poi di colpo a un così imponente, rapido, totale recupero”.5Italo Insolera, Le città nella storia d’Italia – Roma. Immagini e realtà dal X al XX secolo, Roma–Bari, Laterza, 1980, p. 368.  L’espansione della città seguì due direttrici: l’Esquilino con destinazione signorile e la zona denominata ‘Prati di castello’ 6Con ‘castello’ si intendeva Castel S. Angelo. Il quartiere è attualmente denominato semplicemente Prati. destinata ad una edilizia più popolare7“Edifici – destinati ad ospitare una popolazione di ceto medio – basso – che ne caratterizzeranno la fisionomia in maniera definitiva: grandi palazzi squadrati di tipologia uniforme, generalmente a cinque piani […] costruiti con materiale povero anche se con un occhio di riguardo per il decoro della facciate”: Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma-Prati, Roma, Palombi, 1994, pp. 12–13.. A giovarsi maggiormente dei guadagni derivanti dalla costruzione di Prati furono proprio Edoardo e i soci che acquistarono i terreni dall’ecclesiastico belga Frédéric-François-Xavier de Mérode (1820–1874). Nella speculazione a Prati figuravano, insieme a Cahen, nomi dell’aristocrazia romana, come il principe Baldassarre Ladislao Odescalchi (1844–1909), ma soprattutto banchieri. 8Alberto Caracciolo, Roma capitale. Dal Risorgimento alla crisi dello Stato liberale, Roma, Rinascita, 1956, p. 57 e pp. 156–157. Il consorzio presentò al Comune, il 26 giugno 1872, un progetto dell’architetto Antonio Cipolla (1822–1874) per la sistemazione del quartiere; il progetto venne approvato ma solo come speciale “piano di ampliamento da realizzarsi con il concorso degli interessati” che cominciarono a costruire a macchia d’olio e senza controlli9Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma – Prati, op. cit., p. 10.. Per costruire il quartiere venne demolita la Villa di Bindo Altoviti (1491–1557), un complesso dotato di una loggia affrescata da Giorgio Vasari (1511–1574), che era stato danneggiato durante l’assedio della Repubblica Romana del 184910Alice S. Legé, La Villa Altoviti ai Prati di Castello: Eclissi di un paesaggio fluviale con un contributo di Alessandro Cremona, Roma, Officina Libraria, 2024; Alice S. Legé, Lo sviluppo urbanistico dopo l’unità d’Italia, in: Mario Panizza, Giorgio Ortolani (a cura di), 80 anni dell’Università Lumsa. Un ateneo al centro di Roma, Roma, LUMSA, 2021, pp. 62–65.. La prima zona di espansione, di fronte all’antico porto di Ripetta, fu fornita di tutti i servizi: strade, fognature, marciapiedi alberati, impianti di illuminazione a gas11Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma – Prati, op. cit., p. 11.. Non potendo intervenire direttamente, il Comune aveva dato delle indicazioni di massima che vennero ampiamente disattese. Questo atteggiamento chiarisce “quale potenza possieda ormai in Roma il consorzio dei proprietari dei Prati di Castello”.12Alberto Caracciolo, Roma capitale, op. cit., p. 159. A questo punto mancava al nascente quartiere una cosa fondamentale: il collegamento con l’antico centro storico dall’altra parte del Tevere. Edoardo costituì una “Società del Ponte di Ripetta” e nel giro di un anno (dal 1877 al 1878) il ponte fu realizzato13Dall’Impresa Industriale Italiana di Costruzioni Metalliche, diretta da Alfredo Cottrau di Napoli, di cui Edoardo possedeva parte delle azioni, Michele Fatica, voce Cottrau Alfredo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, Vol. 30, 1984, p. 472. (fig. 5). L’inaugurazione, avvenuta nel 1879 “si fece con una certa pompa” 14Emma Perodi, Roma italiana, op. cit., p. 235. e ci fu una svolta, coi terreni che decuplicarono il loro prezzo15Alberto Caracciolo, Roma capitale, op. cit., pp. 156–157. Il ponte fu demolito nel 1902, dopo il completamento del Ponte Cavour.. Nel 1887, quando numerose banche iniziarono a imporre un rientro delle liquidità, la bolla speculativa esplose: molte piccole società fallirono e migliaia di lavoratori rimasero senza impiego. Ci furono “fortissime perdite per tutti”,16Fabio Levi, Gli ebrei nella vita economica italiana, op. cit., p. 1200. ma prima della crisi Edoardo aveva cominciato ad acquistare una grande tenuta tra Torre Alfina e Allerona. Fu grazie alle speculazioni romane che Edoardo Cahen acquistò la nuova proprietà ed è interessante notare le somiglianze ‘tecniche’ tra le due operazioni, per cui le proprietà umbro-laziali furono valorizzate con interventi simili a quelle romane, con infrastrutture, strade, e con un ponte sul Paglia, ricordo del ponte che aveva tanto incrementato le fortune di Edoardo e della sua famiglia.17Il ponte crollò in seguito all’alluvione del 6-7 ottobre 1937, restaurato nel 2011 è stato spazzato via da un’altra alluvione nel 2012.

 

Note

  • 1
    Benito Camilletti, Tommaso Pompei, Torre Alfina e il suo Castello, op. cit., p. 24.
  • 2
    Alessandro Polsi, Alle origini del capitalismo italiano, op. cit., p. 354, (in appendice). La Società ebbe vita breve poiché fu sciolta nel 1874.
  • 3
    Alessandro Polsi, Alle origini del capitalismo italiano, op. cit., p. 269. I Cahen vengono citati da Polsi a p. 272 come Olandesi: “Gli olandesi sono tutti rappresentati dalla Casa Cahen che agisce a Napoli e lì investe in due banche”. Si veda anche Gino Luzzatto, L’economia italiana dal 1861 al 1894, Torino, Einaudi, 1980, pp. 190–191.
  • 4
    Fabio Levi, Gli ebrei nella vita economica italiana, op. cit. p. 1200. Tra i banchieri coinvolti figura Giuseppe Morpurgo, padre di Louise Cahen d’Anvers e maggior banchiere della piazza di Trieste.
  • 5
    Italo Insolera, Le città nella storia d’Italia – Roma. Immagini e realtà dal X al XX secolo, Roma–Bari, Laterza, 1980, p. 368.
  • 6
    Con ‘castello’ si intendeva Castel S. Angelo. Il quartiere è attualmente denominato semplicemente Prati.
  • 7
    “Edifici – destinati ad ospitare una popolazione di ceto medio – basso – che ne caratterizzeranno la fisionomia in maniera definitiva: grandi palazzi squadrati di tipologia uniforme, generalmente a cinque piani […] costruiti con materiale povero anche se con un occhio di riguardo per il decoro della facciate”: Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma-Prati, Roma, Palombi, 1994, pp. 12–13.
  • 8
    Alberto Caracciolo, Roma capitale. Dal Risorgimento alla crisi dello Stato liberale, Roma, Rinascita, 1956, p. 57 e pp. 156–157.
  • 9
    Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma – Prati, op. cit., p. 10.
  • 10
    Alice S. Legé, La Villa Altoviti ai Prati di Castello: Eclissi di un paesaggio fluviale con un contributo di Alessandro Cremona, Roma, Officina Libraria, 2024; Alice S. Legé, Lo sviluppo urbanistico dopo l’unità d’Italia, in: Mario Panizza, Giorgio Ortolani (a cura di), 80 anni dell’Università Lumsa. Un ateneo al centro di Roma, Roma, LUMSA, 2021, pp. 62–65.
  • 11
    Alberto Tagliaferri, Guide rionali di Roma – Prati, op. cit., p. 11.
  • 12
    Alberto Caracciolo, Roma capitale, op. cit., p. 159.
  • 13
    Dall’Impresa Industriale Italiana di Costruzioni Metalliche, diretta da Alfredo Cottrau di Napoli, di cui Edoardo possedeva parte delle azioni, Michele Fatica, voce Cottrau Alfredo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, Vol. 30, 1984, p. 472.
  • 14
    Emma Perodi, Roma italiana, op. cit., p. 235.
  • 15
    Alberto Caracciolo, Roma capitale, op. cit., pp. 156–157. Il ponte fu demolito nel 1902, dopo il completamento del Ponte Cavour.
  • 16
    Fabio Levi, Gli ebrei nella vita economica italiana, op. cit., p. 1200.
  • 17
    Il ponte crollò in seguito all’alluvione del 6-7 ottobre 1937, restaurato nel 2011 è stato spazzato via da un’altra alluvione nel 2012.