23. I giardini giapponesi in Italia
Quella della diffusione del giardino giapponese in Italia è una storia ancora non scritta, ma qualche dato è emerso negli ultimi anni. I primi contatti tra gli italiani e l’orticoltura giapponese sono legati alle attività dei ‘semai’, i commercianti che si trasferivano a Yokohama per reperire uova di bachi da seta resistenti alle malattie1Lo storico Claudio Zanier è stato tra i primi a chiarire il rapporto tra i semai e l’importazione di opere d’arte giapponesi in Italia: Claudio Zanier, Semai setaioli italiani in Giappone (1861-1880), Padova, Cleup, 2006, p. 254.. La pebrina, una malattia causata da un mesozoo aveva infatti messo in ginocchio la sericoltura in Europa e dal 1857 era stato necessario spostarsi sempre più verso Oriente per trovare bachi non senza malattie. Un primo giardino giapponese è legato alla figura di Pompeo Mazzocchi (1829–1915), un imprenditore lombardo che nel 1864 effettuò un primo viaggio in Giappone2Si ringraziano Alberto Facchetti e Paolo Linetti della Fondazione Pompeo e Cesare Mazzocchi-Museo d’Arte Orientale – Collezione Mazzocchi per aver mes- so a disposizione le notizie che si riportano sul giardino. Sulla figura di Mazzocchi e sulla sua collezione si vedano: Paolo Linetti, Gaia Poinelli (a cura di), Lo scrigno dell’arte giapponese in Franciacorta: Museo d’arte orientale Collezione Mazzoc- chi, Gaia Poinelli, Brescia, Arnaldo da Brescia, 2023; Claudio Zanier (a cura di), Il diario di Pompeo Mazzocchi: 1829-1915, Brescia, Compagnia della stampa,2003. Mazzocchi era rimasto colpito dalla bellezza del paese, dalla gentilezza degli abitanti, dalla natura e dall’arte. Nel corso della sua vita Mazzocchi fece almeno quindici viaggi in Oriente, riportando fin dal 1865 uova di baco da seta3Le uova, dette ‘seme bachi’, da lì l’appellativo di ‘semai’, e si importavano direttamente deposte su ‘cartoni’, Maria Pia Premuda Marson, Bombyx mori. La dotta industria bacologica e l’importanza di un insetto nella vita dell’uomo, Pado- va, Cleup, 2011, 45 – 49., opere d’arte per la sua collezione4La collezione iniziale di Mazzocchi venne in seguito arricchita dalla nuora, la pittrice japoniste Eva Dea (1888-1959), che conobbe e frequentò Tama Eleonora Ragusa Kiyohara (1861-1939), moglie di Vincenzo Ragusa, Paolo Linetti, Tama Eleonora Ragusa (nata Kiyohara; 1861-1939), Cromatico connubio tra influenze giapponesi e tradizioni, in Teresa Ciapparoni La Rocca (a cura di), Fuori dal cono d’ombra: storie di donne fra l’Italia e il Giappone, Torino, Lindau,2024e soprattutto piante per impiantare un giardino. Verificato il disinteresse delle autorità italiane per la realizzazione di un orto botanico con le piante che aveva importato, Mazzocchi decise di costruirlo da sé: importò degli Iris giapponesi (Iris japonica Thunb.), almerno tre cultivar di cachi (Diospyros kaki L.f.), l’arancio yuzu (Citrus junos Siebold ex Yu.Tanaka), dei glicini (Wisteria sinensis (Sims) DC.), l’albero della lacca (Toxicodendron vernicifluum (Stokes) F.A.Barkley) e diversi bambù. Per la planimetria del giardino Mazzocchi volle riferirsi ad un giardino situato tra Edo (Tokyo) e Yokohama5Si fa il nome della famiglia Nakaji, di cui venne fatto un rilievo e che venne riprodotto a Coccaglio, nel bresciano. Nel giro di qualche anno anche altri ‘semai’ erano diventati esperti d’arte e accompagnavano gli appassionati viaggiatori. Nel 1871, nello stesso anno del viaggio di Enrico Cernuschi, il conte Giovanni Lucini Passalacqua (1845–1890) si imbarcò con Ferdinando Meazza (1837–1913) ed altri semai6Domenico Botto e Velini. per raggiungere il Giappone7Si ringrazia Pietro Amadini per le notizie su Giovanni Lucini Passalacqua e su Giuseppe Grazioli.. Lucini Passalacqua si fermò anche i primi mesi del 1872 per raccogliere i molti oggetti d’arte che andranno a costituire la sua collezione di arte orientale; insieme a questi oggetti Lucini Passalacqua spedì in Italia anche dei bonsai e dei cagnolini8Pietro Amadini, Arti dell’Asia Orientale tra pubblico e privato due raccolte esemplari dal 1870, cent’anni di collezionismo d’arte cinese e giapponese a Milano, Tesi di dottorato, Dottorato di ricerca in Lingue Culture e Società dell’Asia Orientale Ciclo 25° Anno di discussione 2013, 35–36.. Le piante orientali furono decisive anche per una delle più belle ville lombarde: Villa Melzi (fig. 51), l’ispiratrice del giardino di Gunnersbury. Edificata tra il 1808 e il 1810 su progetto dell’architetto Giocondo Albertolli (1742–1839) come residenza del duca Francesco Melzi d’Eril (1753–1816), uomo di spicco dell’impero napoleonico. Il parco all’inglese, uno dei primi d’Italia, fu progettato dall’architetto Luigi Canonica (1762–1844) e dall’ingegnere Eugenio Villoresi (1810–1879), autori in quegli anni del progetto per l’importante parco della Villa Reale di Monza 9Ornella Selvafolta, I giardini di Villa Melzi d’Eril a Bellagio. Un museo all’a- perto tra natura arte e storia, Milano, Giardini di Villa Melzi Bellagio-Cisalpino, Istituto Editoriale Universitario, 2012; Ornella Selvafolta, I giardini di Villa Melzi d’Eril a Bellagio: un intervento paesaggistico del primo Ottocento sul lago di Co- mo, in Fiorella Mattioli Carcano (a cura di), Giardini, realtà, rappresentazione, immaginazione, Borgomanero, Carattere Mobile Edizioni, 2012, pp. 98-119. Si vedano inoltre: Touring club italiano, Grandi giardini italiani, I giardini privati d’Italia, Milano, TCI, 1999, 24-25; Mario Faccini, Guida ai giardini d’Italia: alla scoperta dei giardini storici e moderni, degli orti botanici e delle oasi naturali, Milano, Ottaviano, 1983, p. 37.. Le ‘piante straniere’10Nel 1835 il parco veniva descritto in questi termini: “è amenissimo, e ritrae dal sito un magico Qui artificiosamente s’innalza una collinetta tutta sparsa di rare piante straniere, di odoriferi arboscelli e di fiori d’ogni specie”, I giardini d’Italia – Volume 2, Milano, Dalla società tipog. de’ Classici Italiani, 1835, p. 40. Nel 1858 una descrizione riporta: il bellissimo gruppo formato da due piante del genere Mespilus japonica […] diversi altri gruppi dì Rhododendron arboreum e di Azalea indica […] ed infine tre aristocratici boschetti formati da un assortimento della pianta prediletta dall’elegante moda che il gesuita Kamel portò dal Giappone l’anno 1739, e che dal suo nome appellasi Camelia”, Antonio Gentile, Como ed il suo lago; illustrazione storica, geografica e poetica del Lario e circostanti paesi, Como, Giorgetti, 1858, pp. 360-361.hanno sempre accompagnato la storia del complesso, anche grazie alla presenza di ottimi giardinieri come Luigi Villain11“Luigi Villain n’è il bravo giardiniere”, Antonio Balbiani, Como, il suo lago, le sue valli e le sue ville descritte e illustrate, Milano, Francesco Pagnoni, 1877, p.259 che alla metà del XIX secolo vi introdusse diverse piante orientali come l’Aucuba (Aucuba japonica Thunb.)12Carlo Alessandro Pisoni, Amor di pianta : giardinieri, floricoltori, vivaisti sul Verbano, 1750-1950: da Belgirate a Cannobio, Isole del Golfo Borromeo, Verba- nia, Azimut Società Cooperativa Sociale, 2005, vol. I, p. 194. e il bambù metake13Karl Koch, Über die bambuseen aus China und Japan, in ‘Regia Società To- scana di Orticultura, Atti del Congresso botanico internazionale tenuto in Firenze nel mesi di maggio 1874’, Firenze, Ricci, 1876, 45-51.. Il parco venne migliorato dopo il 1876 da Josephine Melzi Barbò di Casalmorano (1830–1923)14Giuseppina Maria Teresa (Josephine) Barbò (1830-1923) si sposò nel 1876 con Lodovico Melzi (1820 – 1886). Erano entrambi vedovi: Lodovico aveva nel 1846 sposato in prime nozze la marchesa Luigia Brignole Sale (1822-1869) e Giu- seppina era vedova del cugino di Ludovico, Giacomo Melzi d’Eril (1827-1875). Ludovico e Giuseppina non ebbero figli, ma nel 1878 una figlia di Giuseppina, Luigia Melzi d’Eril (1856-1937) si sposò con Gian Carlo Gallarati Scotti, (1854- 1927), da cui discendono i proprietari attuali. Si ringrazia Fulco Gallarati Scotti per aver condiviso le notizie sul suo giardino di famiglia e la dott.ssa Serena Ragni per la disponibilità. e fu molto probabilmente lei a far aggiungere un ponte di legno di ispirazione giapponese in un laghetto circondato da cultivar di aceri orientali (Acer palmatum Thunb.)15Nella seconda metà del XX secolo il ponte di legno originale è stato sostituito con il ponte di ferro attuale. In una descrizione del 1907 si cita solo la presenza di “arbusti rari”, ma non si fa alcun cenno alla presenza del giardino giapponese che non suscitava interesse: Ville e Castelli d’Italia: Lombardia e Laghi, Milano, Edizione della Tecnografica, 1907 35-39. Nel 2002 il giardino viene citato nella monografia The Lure of the Japanese Garden come esempio della diffusione ormai globale dei giardini nipponici: Alison Main, Newell Platten, The Lure of the Japanese Garden, New York, W.W. Norton, 2002, p. IX.. L’introduzione di piante asiatiche continuò anche nel secondo dopoguerra: Tommaso Gallarati-Scotti (1878–1966) riportò infatti dall’Inghilterra “nuove varietà di azalee e rododendri”16Tommaso Gallarati-Scotti fu il primo ambasciatore italiano in Gran Bretagna dopo la seconda guerra mondiale, Frances Margaret McGuire, Gardens of Italy, New York, Barrows and company, 1964, p. 195. per la Villa di famiglia. Merita un cenno, benché più tardo, anche il piccolo giardino giapponese di Villa Ada a Roma, costruito per i Savoia intorno al 192017Alberta Campitelli (a cura di), Le Ville a Roma, op. cit. pp. 23-28..
Note
- 1Lo storico Claudio Zanier è stato tra i primi a chiarire il rapporto tra i semai e l’importazione di opere d’arte giapponesi in Italia: Claudio Zanier, Semai setaioli italiani in Giappone (1861-1880), Padova, Cleup, 2006, p. 254.
- 2Si ringraziano Alberto Facchetti e Paolo Linetti della Fondazione Pompeo e Cesare Mazzocchi-Museo d’Arte Orientale – Collezione Mazzocchi per aver mes- so a disposizione le notizie che si riportano sul giardino. Sulla figura di Mazzocchi e sulla sua collezione si vedano: Paolo Linetti, Gaia Poinelli (a cura di), Lo scrigno dell’arte giapponese in Franciacorta: Museo d’arte orientale Collezione Mazzoc- chi, Gaia Poinelli, Brescia, Arnaldo da Brescia, 2023; Claudio Zanier (a cura di), Il diario di Pompeo Mazzocchi: 1829-1915, Brescia, Compagnia della stampa,2003
- 3Le uova, dette ‘seme bachi’, da lì l’appellativo di ‘semai’, e si importavano direttamente deposte su ‘cartoni’, Maria Pia Premuda Marson, Bombyx mori. La dotta industria bacologica e l’importanza di un insetto nella vita dell’uomo, Pado- va, Cleup, 2011, 45 – 49.
- 4La collezione iniziale di Mazzocchi venne in seguito arricchita dalla nuora, la pittrice japoniste Eva Dea (1888-1959), che conobbe e frequentò Tama Eleonora Ragusa Kiyohara (1861-1939), moglie di Vincenzo Ragusa, Paolo Linetti, Tama Eleonora Ragusa (nata Kiyohara; 1861-1939), Cromatico connubio tra influenze giapponesi e tradizioni, in Teresa Ciapparoni La Rocca (a cura di), Fuori dal cono d’ombra: storie di donne fra l’Italia e il Giappone, Torino, Lindau,2024
- 5Si fa il nome della famiglia Nakaji
- 6Domenico Botto e Velini.
- 7Si ringrazia Pietro Amadini per le notizie su Giovanni Lucini Passalacqua e su Giuseppe Grazioli.
- 8Pietro Amadini, Arti dell’Asia Orientale tra pubblico e privato due raccolte esemplari dal 1870, cent’anni di collezionismo d’arte cinese e giapponese a Milano, Tesi di dottorato, Dottorato di ricerca in Lingue Culture e Società dell’Asia Orientale Ciclo 25° Anno di discussione 2013, 35–36.
- 9Ornella Selvafolta, I giardini di Villa Melzi d’Eril a Bellagio. Un museo all’a- perto tra natura arte e storia, Milano, Giardini di Villa Melzi Bellagio-Cisalpino, Istituto Editoriale Universitario, 2012; Ornella Selvafolta, I giardini di Villa Melzi d’Eril a Bellagio: un intervento paesaggistico del primo Ottocento sul lago di Co- mo, in Fiorella Mattioli Carcano (a cura di), Giardini, realtà, rappresentazione, immaginazione, Borgomanero, Carattere Mobile Edizioni, 2012, pp. 98-119. Si vedano inoltre: Touring club italiano, Grandi giardini italiani, I giardini privati d’Italia, Milano, TCI, 1999, 24-25; Mario Faccini, Guida ai giardini d’Italia: alla scoperta dei giardini storici e moderni, degli orti botanici e delle oasi naturali, Milano, Ottaviano, 1983, p. 37.
- 10Nel 1835 il parco veniva descritto in questi termini: “è amenissimo, e ritrae dal sito un magico Qui artificiosamente s’innalza una collinetta tutta sparsa di rare piante straniere, di odoriferi arboscelli e di fiori d’ogni specie”, I giardini d’Italia – Volume 2, Milano, Dalla società tipog. de’ Classici Italiani, 1835, p. 40. Nel 1858 una descrizione riporta: il bellissimo gruppo formato da due piante del genere Mespilus japonica […] diversi altri gruppi dì Rhododendron arboreum e di Azalea indica […] ed infine tre aristocratici boschetti formati da un assortimento della pianta prediletta dall’elegante moda che il gesuita Kamel portò dal Giappone l’anno 1739, e che dal suo nome appellasi Camelia”, Antonio Gentile, Como ed il suo lago; illustrazione storica, geografica e poetica del Lario e circostanti paesi, Como, Giorgetti, 1858, pp. 360-361.
- 11“Luigi Villain n’è il bravo giardiniere”, Antonio Balbiani, Como, il suo lago, le sue valli e le sue ville descritte e illustrate, Milano, Francesco Pagnoni, 1877, p.259
- 12Carlo Alessandro Pisoni, Amor di pianta : giardinieri, floricoltori, vivaisti sul Verbano, 1750-1950: da Belgirate a Cannobio, Isole del Golfo Borromeo, Verba- nia, Azimut Società Cooperativa Sociale, 2005, vol. I, p. 194.
- 13Karl Koch, Über die bambuseen aus China und Japan, in ‘Regia Società To- scana di Orticultura, Atti del Congresso botanico internazionale tenuto in Firenze nel mesi di maggio 1874’, Firenze, Ricci, 1876, 45-51.
- 14Giuseppina Maria Teresa (Josephine) Barbò (1830-1923) si sposò nel 1876 con Lodovico Melzi (1820 – 1886). Erano entrambi vedovi: Lodovico aveva nel 1846 sposato in prime nozze la marchesa Luigia Brignole Sale (1822-1869) e Giu- seppina era vedova del cugino di Ludovico, Giacomo Melzi d’Eril (1827-1875). Ludovico e Giuseppina non ebbero figli, ma nel 1878 una figlia di Giuseppina, Luigia Melzi d’Eril (1856-1937) si sposò con Gian Carlo Gallarati Scotti, (1854- 1927), da cui discendono i proprietari attuali. Si ringrazia Fulco Gallarati Scotti per aver condiviso le notizie sul suo giardino di famiglia e la dott.ssa Serena Ragni per la disponibilità.
- 15Nella seconda metà del XX secolo il ponte di legno originale è stato sostituito con il ponte di ferro attuale. In una descrizione del 1907 si cita solo la presenza di “arbusti rari”, ma non si fa alcun cenno alla presenza del giardino giapponese che non suscitava interesse: Ville e Castelli d’Italia: Lombardia e Laghi, Milano, Edizione della Tecnografica, 1907 35-39. Nel 2002 il giardino viene citato nella monografia The Lure of the Japanese Garden come esempio della diffusione ormai globale dei giardini nipponici: Alison Main, Newell Platten, The Lure of the Japanese Garden, New York, W.W. Norton, 2002, p. IX.
- 16Tommaso Gallarati-Scotti fu il primo ambasciatore italiano in Gran Bretagna dopo la seconda guerra mondiale, Frances Margaret McGuire, Gardens of Italy, New York, Barrows and company, 1964, p. 195.
- 17Alberta Campitelli (a cura di), Le Ville a Roma, op. cit. pp. 23-28.